"D'I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE" n. 20
a cura di
Gian Domenico Mazzocato
"D'I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE" n.20 a cura di Gian Domenico Mazzocato
D’I FIORI E DE LE FOGLIE NOVE
N. 20
Le traduzioni / Islam e il problema Maometto
Talora le traduzioni pongono problemi complessi in relazione alla cultura in cui vengono resi.
Un caso a sé e molto particolare è dato dalle versioni nelle lingue dei popoli a prevalente o esclusiva religione islamica.
Ci ricordiamo infatti che nella nona bolgia Dante condanna Maometto ad eterno dilaniamento tra i seminatori di discordie. Inferno XXVIII, 22-42.
La Commedia non è all’indice nei paesi islamici ma le traduzioni in arabo di Hassan Osman (1909-1973) e in persiano di Farideh Mahadavi-Damghani (nata nel 1963, vive e lavora a Teheran) non riportano i versi riguardanti Maometto.
Dice Mahadavi-Damghani: “Ho cercato di far capire che, anche se quei versi erano contro le nostre credenze religiose e spirituali, valeva la pena leggere quel capolavoro. Ho spiegato che Dante era influenzato dagli scolastici medievali che certamente conoscevano poco la religione dell’Islam nel suo complesso. Allora, dopo i terribili racconti delle crociate, si era certamente poco propensi a dare un giudizio positivo nei confronti dei musulmani”.
Mahadavi-Damghani aggiunge che la sua traduzione della Commedia non è l’unica in circolazione in Iran...
“Nella mia traduzione, sottolinea, ho cercato di mantenere la rima ma l’operazione è molto difficile perché in persiano la rima esiste ma ha altra struttura. Ho invece preferito utilizzare una prosa poetica musicale e orecchiabile, che mi ha offerto il vantaggio di restare fedele al testo originale”.
La Divina Commedia in Iran, appena uscita, ha avuto successo “perché la Persia è un paese molto antico e colto dove tutti amano la poesia, spiega Mahadavi-Damghani.
Una quindicina di anni fa a Ravenna si è tenuta una lettura della versione araba della Commedia (ovviamente senza i versi che parlano di Maometto) da parte del filologo Mahmoud Salem Elsheikh.
Secondo lui Dante soffre della sindrome del debitore. Dante è, più o meno consapevolmente, depositario e per così dire testimonial del debito che l’Occidente ha contratto nei riguardi dell’Islam.
Nell’immagine: Bologna, Cattedrale di S. Petronio, la nona bolgia nell’interpretazione di Giovanni da Modena, I seminatori di discordie.
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